il blog dei Silvia Roggiani

Futura

Quanto pesano le parole d'odio?

“Sono stato per tutta la vita un cicciabomba, un panzone, una palla di lardo. Sul mio peso scherzo, lo esorcizzo, mi ci misuro ogni giorno, ma quando sei ragazzo o magari una ragazza..." Per la prima volta Filippo Sensi ha portato nell’aula di Montecitorio il tema del "fat shaming” e “body shaming” mentre si discuteva di una proposta di legge contro bullismo e cyberbullismo.

Lo ha fatto parlando di sé, raccontando quando da piccolo un suo coetaneo gli disse: Sensi mi fai senso. Ma Filippo Sensi, quel giorno in aula, non ha parlato solo di se stesso ma ha parlato di tutti noi. Ha parlato di chi - almeno una volta nella vita - si è sentito giudicato per il suo corpo “imperfetto”. Di chi ha pianto per il suo malessere, di chi è arrivato a fare pensieri rispetto alla volontà di liberarsi di quel corpo "così scomodo".

Il suo discorso ha toccato corde profonde, che rimandano a mille altre storie, anche recentissime. Al centro c’è sempre lo stesso male, la violenza veicolata con le parole, l’odio che sta avvelenando la nostra società. È l’odio per chi ha la pelle nera, per l’ebreo, per le donne e l’omosessuale, per chi ha un’opinione diversa. E il risultato è sempre lo stesso: persone prese di mira con un’inaccettabile violenza – verbale o virtuale – quando non sfocia perfino in quella fisica.

È l’dio, per esempio, che ha ucciso l’agente di polizia di Palazzolo sull’Oglio, Gian Marco Lorito che si è tolto la vita qualche giorno fa dopo essere diventato bersaglio di attacchi social, per il solo fatto di aver parcheggiato l’auto sul posto riservato alle persone con disabilità. Gian Marco non ha retto agli insulti e si è sparato con la pistola d’ordinanza. 

È Matteo Salvini che, abitualmente, usa i volti e i nomi delle persone per esporle al pubblico insulto e all’offesa. È la politica degli avvoltoi, di chi fa lo sciacallo sulla pelle dei più deboli. Di chi vandalizza, imbratta, sfregia di notte.

L’apologia del fascismo e i continui attacchi antisemiti, i cori razziali nelle curve degli stadi, il numero crescente di femminicidi, gli atti di bullismo contro disabili, le  discriminazioni contro i gay.

Sono notizie di cui leggiamo ogni giorno, legate dal filo rosso dell’odio e dell’intolleranza per chi è percepito come  “diverso”. Quella da portare avanti è una battaglia prima di tutto culturale, sull'uso del linguaggio che non può, e non deve, mai cedere all'odio. 

È su questo solco che noi, come Partito Democratico, stiamo procedendo, e per questo ringrazio Barbara Pollastrini che proprio la settimana scorsa ha voluto organizzare un momento di confronto sul linguaggio e le sue conseguenze. 

Infatti, è importante iniziare da noi stessi, dalla politica, dalla scelta che ogni giorno facciamo di usare alcune parole piuttosto che altre, sui social e nella vita reale. E fare del nostro linguaggio una bandiera, perché questi vigliacchi odiatori non siano mai più lasciati liberi di calpestare la dignità altrui, o peggio ancora di togliere la vita a qualcuno. 

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